sabato 21 aprile 2012

Chi è Soti Triantafillou?


Chi è Soti Triantafillou?
Ė sicuramente una donna che ha tracciato la sua vita con forza, con volontà e coerenza. Gli altri la considerano anti-convenzionale, lei dice invece che il suo stile di vita non ha sorpreso nessuno e che anzi la sua vita potrebbe essere vista come la noiosa prosecuzione di presupposti esistenti sin dalla sua più giovane età. (intervista «Η ζωή είναι αλλού» puntata 7, ERT Archive)

Ė nata nel 1957 ad Atene, da una famiglia abbastanza agiata, appartenente ideologicamente e politicamente alla sinistra, in un periodo però in cui essere di sinistra in Grecia non era né di moda né molto salutare, per usare (decontestualizzata) un’espressione di Soti stessa (cfr: Θάνατος το ξημέρωμα): le gite domenicali della famiglia spesso si limitavano alla visita di parenti e amici rinchiusi nelle carceri greche dal regime dei Colonnelli.

Una famiglia agiata, quindi, ma il quadretto che potrebbe venire alla mente non corrisponde al vissuto di Soti. Nessun privilegio di nessun genere, né dentro la famiglia né fuori.
Il netto schieramento politico familiare è percepito da Soti come un modello di vita asfissiante e totalizzante e ha fatto crescere in lei il desiderio di affermare la propria personalità, di rivendicare la propria indipendenza e libertà di pensiero, a dispetto di ogni imposizioni esterna, di ogni tentativo di appiattimento della propria individualità. Soti non poteva accettare quella fedeltà ideologica indiscussa che si presentava come un dogma politico e morale e che si limitava a sostituirsi a altri dogmi, mantenendone inalterato l’asservimento cieco.

Lo sottomissione supina non rientra tra le caratteristiche di Soti. Da qui quell’anelito di libertà che caratterizza la sua personalità e che si sprigiona in tutti i suoi libri, una sorta di pulsione irrefrenabile all’affermazione di sé in una società che tende a imbrigliare e a immobilizzare in ruoli predefiniti, penalizzanti per l’individuo. Non è un caso che il peggiore incubo di Soti sia l’ εγκλεισμός, il rimanere intrappolati, come ci dice nel suo libro autobiografico Ο χρόνος πάλι (ed. Patakis, 2009, pag. 11). 

La reazione a questa atmosfera “statica” si manifesta con la passione per tutto ciò che rappresenta il suo contrario, il movimento: la musica rock da cui Soti si lascia trasportare in balli sfrenati, la lettura di libri che la fanno viaggiare con la mente e con lo spirito, la velocità di macchine e motori che le trasmettono un’ebbrezza di felicità. Tutto, pur di spezzare quel guinzaglio che le stringe sempre più la gola.

Non ci sono filosofie di vita valide, dice Soti; ritiene che tutte abbiano già mostrato il loro misero fallimento. Quello in cui crede fortemente è che “per migliorare il mondo non ci vogliono idee migliori ma persone migliori” (trasmissione Η ζωή είναι αλλού - ERT Archives), concetto che Soti ribadisce in termini leggermente diversi ma uguali nella sostanza, nel libro autobiografico: «Ήμουν νέα, πίστευα ότι με το να είσαι καλός μπορείς να αλλάξεις τον κόσμο. Το ίδιο πιστεύω και σήμερα.» (“Ero giovane, credevo che con la bontà si poteva cambiare il mondo. E lo credo ancora oggi.”[Ο χρόνος πάλι, Il tempo, ancora. edizioni Patakis, 2009, pag. 164).

Queste opinioni sono ben evidenti nei libri di Soti, dove si riconosce una sensibilità acuta verso le categorie di persone più fragili, i bambini, i giovani, chi vive inseguendo ideali, chi non riesce a trovare il proprio spazio nella società, i meno avvantaggiati. E nei loro confronti non c’è mai un giudizio critico, ma solo com-passione, un sentimento profondo di condivisione del dolore e del malessere. E si sente che per lei “il dolore degli altri non è [solo] un dolore a metà” (Fabrizio de Andrè, Disamistade) ma un dolore vero, partecipato. Questa profonda partecipazione alle sofferenze degli altri le fanno sorgere un senso di ribellione contro ogni forma di sopruso e di ingiustizia. La breve citazione a una canzone di Fabrizio de Andrè che riporto qui sopra, è dovuta al fatto che nel mio immaginario collego moltissimo Soti a Fabrizio de Andrè. Nella canzone La città vecchia, c’è una strofa che ritengo bellissima:

se tu penserai, se giudicherai da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese,
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.

se capirai, se li cercherai fino in fondo… a me sembra che questa frase riassuma perfettamente l’opera di Soti Trinatafillou. Lei cerca sempre sino in fondo le cose, non si limita alla superficialità, né si lascia abbacinare da facili soluzioni. 

In un romanzo del 2008, un personaggio si augura “di non diventare mai un uomo senza interrogativi, gli interrogativi lo avevano reso quello che era” (Λίγο από το αίμα σου, Un po’ del tuo sangue, edizioni Patakis, Atene, pag. 145) e credo che sia proprio Soti a parlare per bocca del suo protagonista.

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